Et maintenant les franciscaines…
publié dans nouvelles de chrétienté le 24 mai 2014
22 mai 2014
[Riposte Catholique] Et maintenant les franciscaines…
21 maggio 2014 – 13:35
Salus animarum suprema lex?
(di Roberto de Mattei) Gli ultimi dubbi, per chi ancora ne avesse, sono definitivamente caduti. Esiste un piano per la sistematica distruzione dei Francescani e delle Francescane dell’Immacolata, i due istituti religiosi fondati da padre Stefano Maria Manelli, oggi travolti dalla bufera.
Lunedì 19 maggio 2014, il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, ha annunciato alla Madre generale delle Francescane dell’Immacolata, la nomina, con effetto immediato, di una “visitatrice” per l’Istituto, con poteri di ferreo controllo che di fatto equivalgono a quelli di una “commissaria”. Nella casa generalizia delle Frattocchie si è insediata, ipso facto, suor Fernanda Barbiero, dell’Istituto Suore Maestre S. Dorotea, una religiosa “adulta” e aggiornata, di tendenza moderatamente femminista, fautrice, con qualche anno di ritardo, dell’“umanesimo integrale” maritainiano.
Le Suore Francescane dell’Immacolata sono un ordine religioso di diritto pontificio, che si distingue per la giovane età media, per il numero delle vocazioni e soprattutto per il rigore con cui vivono il loro carisma, secondo la Regola bollata di san Francesco d’Assisi. Una parte di esse esercita un intenso apostolato missionario dall’Africa, al Brasile, alle Filippine, mentre un’altra parte ha abbracciato la vita contemplativa, in spirito di profonda austerità e preghiera. Le Suore, ispirandosi al modello di san Massimiliano Maria Kolbe, gestiscono case editrici, radio, riviste di grande diffusione popolare, come “Il Settimanale di Padre Pio”. Questo apostolato di conquista, unito all’amore per la Tradizione, è certamente una delle cause dell’odio che si è addensato su di loro e sui confratelli Francescani.
L’11 luglio 2013, il cardinale Braz de Aviz ha affidato il governo dei Francescani dell’Immacolata, ad un “commissario apostolico”, che in meno di un anno è riuscito a disgregare l’ordine, costringendo i migliori Frati a chiedere le dispense dai loro voti, per uscire da un Istituto ormai ridotto a un campo di rovine e poter vivere in altro modo la propria vocazione.
Il caso delle Francescane che ora si apre è ancora più grave di quello dell’Istituto maschile. Il pretesto per la “visita” e poi per il commissariamento dei Frati fu la presenza di un piccolo e aggressivo gruppo di “dissidenti”, incoraggiato e alimentato dall’esterno. Nessuna dissidenza si è manifestata invece tra le Suore, che vivono in spirito di unione e carità fraterna. Francescane e Francescani dell’Immacolata, devono essere soppressi soprattutto per il loro avvicinamento alla Tradizione, in conflitto con la prassi della maggior parte degli Istituti di Vita consacrata. Diciamo avvicinamento perché le due congregazioni francescane sono nate e si situano al di fuori del mondo “tradizionalista”.
Di fronte allo sfascio teologico e pastorale del post-concilio, esse hanno manifestato un attaccamento all’ortodossia della Chiesa che contrasta con la creatività dottrinale e liturgica oggi imperante. La congregazione per i religiosi considera questo sentire cum ecclesia “tradizionale” incompatibile con il sentire cum ecclesia “vaticansecondista”.
La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata commise un palese abuso di potere quando pretese di interdire ai Francescani dell’Immacolata la celebrazione della Messa secondo il Rito romano antico. E i Frati commisero un altrettanto evidente errore quando accettarono di rinunciare alla celebrazione della Messa tradizionale. Essi giustificarono la loro rinuncia sulla base di due motivi: l’obbedienza e il bi-ritualismo. Ma il problema di fondo non è il mono o il bi-ritualismo.
Il fatto è che la Messa tradizionale non è mai stata abrogata e non può esserlo e che tutti i sacerdoti conservano il diritto a celebrarla. Il cardine del Motu proprio di Benedetto XVISummorum Pontificum del 7 luglio 2007 sta in quella riga che concede ad ogni sacerdote il diritto di «celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa». Si tratta di una legge universale della Chiesa che conferma la Bolla Quo primum di san Pio V (1570). Mai nessun sacerdote è stato punito, o potrebbe esserlo per aver celebrato la Messa tradizionale. Mai potrà essere imposto a dei fedeli, laici o suore che siano, di rinunciare al bene di un Rito canonizzato dall’uso di quasi due millenni di storia della Chiesa.
L’obbedienza è una virtù, forse la più alta. Ma il problema che oggi si pone nella Chiesa è a chi e a che cosa si debba obbedire. Quando l’obbedienza alle autorità umane, invece di perfezionare la vita spirituale, la pregiudica, mettendo a repentaglio la propria salvezza, deve essere vigorosamente rifiutata, perché bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini (Atti, 5, 29).
Forse il cardinale Braz de Aviz vuole spingere le suore a passare in massa alla Fraternità San Pio X, per poter dimostrare che non c’è spazio possibile tra i tradizionalisti “scismatici” e la Chiesa “conciliare”. Egli sembra dimenticare però due cose: in primo luogo che molti vescovi e addirittura intere conferenze episcopali si trovano oggi separati dalla fede della Chiesa in misura molto maggiore di quanto non sia separata la Fraternità San Pio X dalle autorità ecclesiastiche; in secondo luogo che il diritto canonico permette alle Suore e ai Frati di essere sciolti dai loro voti per riorganizzarsi nella forma di un’associazione privata di fedeli, vivendo la propria vocazione al di fuori di ogni arbitraria imposizione (canoni 298-311).
La congregazione dei Religiosi rifiuterebbe a 400 suore le dispense dei voti che dovessero chiedere? Sarebbe una brutale violazione di quella libertà di coscienza di cui oggi tanto si parla, e così spesso a sproposito. La dottrina tradizionale della Chiesa considera inviolabile la libertà di coscienza in foro interno, perché nessuno può essere forzato nelle sue scelte, ma nega tale libertà nell’ambito pubblico, o foro esterno, perché solo la verità, e non l’errore ha diritti. I fanatici del Vaticano II teorizzano la libertà religiosa in foro esterno, riconoscendo i diritti di tutti i culti e le sette, ma la negano in foro interno, processando le intenzioni e invadendo l’ambito della coscienza individuale.
Ma è possibile imporre con la forza, a Frati e Suore, di restare all’interno di un istituto religioso in cui non si riconoscono, perché ne è stata distrutta l’identità? Il principio secondo cui salus animarum suprema lex, è il fondamento non solo del diritto canonico, ma della vita spirituale di ogni battezzato, che deve avere come regola irrinunciabile del proprio agire la salvezza della propria anima.
Se, in questa prospettiva, qualcuno, seguendo la retta coscienza, volesse resistere agli ordini ingiusti che cosa lo aspetterebbe? Un abbraccio dialogante e misericordioso o la dura politica del bastone? Espulsioni, censure, sospensioni a divinis, scomuniche e interdetti sono ormai riservate solo a chi si mantiene nella fede ortodossa?
Un’ultima domanda è per il momento senza risposta. Il bastone del cardinale Braz de Aviz è in aperta contraddizione con la politica di misericordia di papa Francesco o ne costituisce una singolare espressione? (Roberto de Mattei)
27 mai 2014
[Roberto de Mattei – Correspondance Européenne] Salus animarum suprema lex?
Les derniers doutes, pour qui en aurait encore, sont définitivement tombés. Un plan a été mis en place pour la destruction systématique des Franciscains et Franciscaines de l’Immaculée, les deux instituts religieux fondés par le père Stefano Maria Manelli, aujourd’hui emportés par la tempête.
Lundi 19 mai 2014, le cardinal João Braz de Aviz, préfet de la Congrégation pour les Instituts de Vie Consacrée, a annoncé à la Mère Générale des Franciscaines de l’Immaculée, la nomination avec effet immédiat d’un « visiteur » de l’Institut, ayant les pouvoirs de contrôle de ce qui se fait équivalents à ceux d’un « commissaire ». A la Maison Générale, Soeur Fernanda Barbiero, de l’Institut des Sœurs de Sainte Dorothée (une religieuse moderne de tendance modérément féministe, favorable aux idées de Jacques Maritain) a pris ses fonctions ipso facto.
Les Sœurs Franciscaines de l’Immaculée sont un ordre religieux de droit pontifical, qui se distingue par la jeunesse de ses membres, le nombre des vocations et surtout par la rigueur avec laquelle les Sœurs vivent leur charisme, selon la Règle de saint François d’Assise. Certaines ont d’intenses apostolats missionnaires en Afrique, au Brésil, aux Philippines, tandis que d’autres ont embrassé la vie contemplative, dans un esprit d’ascèse et de prière. Les sœurs, inspirées de l’exemple de saint Maximilien Kolbe, gèrent aussi des maisons d’édition, des stations de radio, des revues populaires (comme L’hebdomadaire Padre Pio). Cet apostolat actif, allié à un amour de la tradition, est certainement l’une des causes de la haine qui s’est abattue sur elles et sur les frères franciscains.
Le 11 juillet 2013, le cardinal Braz de Aviv à confié le gouvernement des Franciscains de l’Immaculée à un « commissaire apostolique », qui en moins d’un an est parvenu à dissoudre l’ordre, contraignant les meilleurs frères à demander la dispense de leurs vœux, pour sortir d’un Institut désormais réduit à un champ de ruines et pouvoir vivre d’une autre façon leur vocation.
Franciscaines et Franciscains de l’Immaculée doivent être supprimés surtout pour leur rapprochement de la Tradition, en opposition à la pratique de la majorité des Instituts de Vie Consacrée. Disons rapprochement car les deux congrégations franciscaines sont nées et se situent hors du monde “traditionaliste”.
Face à la ruine théologique et pastorale de l’après-concile, elles ont manifesté un attachement à l’orthodoxie de l’Eglise qui contraste avec la créativité doctrine et liturgique qui règne aujourd’hui. La congrégation pour les religieux considère que ce sentire cum ecclesia “traditionnel” est incompatible avec le “sentire cum ecclesia” de Vatican II.
La Congrégation pour les Instituts de Vie Consacrée à commis un abus de pouvoir manifeste quand elle prétendit interdire aux Franciscains de l’Immaculée la célébration de la Messe selon le Rite romain antique. Et les frères commirent un erreur autrement manifeste en acceptant de renconcer à la célébration de la Messe traditionnelle. Ils justifièrent leur renoncement en se basant sur deux motifs : l’obéissance et le bi-ritualisme. Mais le problème de fond n’est pas le mono ou le bi-ritualisme.
Le fait est que la Messe traditionnelle n’a jamais été abrogée et ne peut pas l’être et que tous les prêtres conservent le droit de la célébrer. Le point-clé du Motu Proprio de Benoît XVI Summorum Pontificum du 7 juillet 2007 réside dans cette ligne qui concède à chaque prêtre le droit de “célébrer le Sacrifice de la Messe suivant l’édition typique du Missel romain promulgué par le B. Jean XXIII en 1962 et jamais abrogé, en tant que forme extraordinaire de la Liturgie de l’Église”. Il s’agit d’une loi universelle de l’Eglise qui confirme la Bulle Quo Primum de Saint Pie V (1570). Jamais aucun prêtre n’a été puni et ne pourrait l’être pour avoir célébré la Messe traditionnelle. Jamais il ne pourra être imposé à des fidèles, laïcs ou soeurs, de renoncer au bien d’un Rite canonisé par l’usage de presque deux millénaires d’histoire de l’Eglise.
L’obéissance est une vertu, peut-être la plus haute. Mais le problème qui aujourd’hui se pose dans l’Eglise est de savoir à qui et à quoi on doit obéir. Quand l’obéissance aux autorités humaines, au lieu de perfectionner la vie spirituelle, la compromet, mettant en péril le salut, elle doit être vigoureusement refusée, parce qu’il faut obéir à Dieu avant d’obéir aux hommes (Actes, 5,29).
Le cardinal Braz de Aviz veut peut-être pousser les soeurs à passer en masse à la Fraternité Saint Pie X, pour pouvoir démontrer qu’il n’y a pas d’espace envisageable entre les traditionnalistes “schismatiques” et l’Eglise “conciliaire”. Il semble oublier deux choses cependant : en premier lieu que beaucoup d’évêques et jusqu’à des conférences épiscopales entières se trouvent aujourd’hui séparés de la foi de l’Eglise de façon beaucoup plus importante que ne l’est la Fraternité Saint Pie X de l’autorité écclésiastique; en second lieu que le droit canonique permet aux soeurs et aux frères d’être déliés de leurs voeux pour se réorganiser en forme d’association privée de fidèles, vivant leur vocation en dehors de toute imposition arbitraire. (canons 298-311).
La Congrégation des Religieux refuserait à 400 soeurs la dispense des voeux qu’elles devraient demander ? Ce serait une violation brutale de cette liberté de conscience dont on parle tant aujourd’hui et si souvent à tort. La doctrine traditionnelle de l’Eglise considère comme inviolable la liberté de conscience dans le for intérieur, parce que personne ne peut être contraint dans ses choix, mais elle nie une telle liberté dans le domaine public, ou for externe, parce que seule la vérité a des droits, et non l’erreur. Les fanatiques de Vatican II théorisent la liberté religieuse dans le for externe, en reconnaissant les droits de tous les cultes et sectes, mais ils la nient dans le for interne, jugeant les intentions et s’immisceant dans le domaine de la conscience individuelle.
Mais est-il possible d’imposer par la force, aux frères et aux soeurs, de rester dans un Institut religieux dans lequel ils ne se reconnaissent pas, parce que l’identité en a été détruite ? Le principe selon lequel salus animarum suprema lex, est le fondement non seulement du droit canonique, mais de la vie spirituelle de chaque baptisé, qui doit avoir comme règle intransgressible de son agir le salut de son âme.
Si, dans cette prospective, quelqu’un, suivant la droite conscience, voulait résister aux ordres injustes qu’est-ce qui l’attendrait ? Une étreinte de dialogue et de miséricorde ou la dure politique du bâton ? Expulsions, censures, suspensions a divinis, excommunications et interdits sont désormais réservés seulement à qui se maintient dans la foi orthodoxe?
Une dernière demande est demeurée pour le moment sans réponse. Le bâton du cardinal Braz de Aviz est-il en contradiction ouverte avec la politique de miséricorde du pape François ou en constitue-t-il une expression singulière?